Cacopardo Domenico - 2019 - Agrò e i segreti di Giusto by Cacopardo Domenico

Cacopardo Domenico - 2019 - Agrò e i segreti di Giusto by Cacopardo Domenico

autore:Cacopardo Domenico [Cacopardo Domenico]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B07Q3H9F1B
editore: Marsilio
pubblicato: 2019-04-17T22:00:00+00:00


L’inchiesta aveva preso una piega difficile

Lunedì 22 ottobre

Aveva dormito a casa di Roberta: una serata serena e una notte tranquilla.

Anche se la sua compagna aveva l’indisposizione mensile, avevano fatto egualmente l’amore. L’aveva voluto lui per esorcizzare l’incontro del mattino e, soprattutto, le parole finali di Olga Semmelweis Zalanji. Mentre si stava addormentando, la luce spenta, l’aveva guardata: Non la lascerò, né la tradirò. Non lo merita. Non lo voglio, s’era detto. Poi, riflettendo, aveva aggiunto: Più o meno gli stessi pensieri di Giusto Giarmana nei confronti della donna con la quale aveva una relazione prima di incontrare Olga.

Questa riflessione l’aveva investito come una vera e propria ammissione di colpa. Non è il caso mio, si consolò alla fine, cercando nel sonno il piccolo oblio di cui aveva assoluta necessità.

Come se volesse premiarlo per quell’idea, al mattino Roberta s’era alzata e lavata senza fare rumore. Era scesa e aveva comprato la Repubblica, il manifesto e il Corriere della Sera. Era, quindi, entrata in camera da letto con i giornali e il vassoio degli espressi nel quale troneggiavano due cornetti ancora caldi.

L’aveva svegliato così.

Bevuto il caffè, mentre lei si preparava, Agrò aveva aperto i giornali. Non erano ancora le otto e aveva davanti una mezz’ora prima di lavarsi e uscire.

Non appena Roberta fu pronta, lo salutò, mentre lui entrava in bagno per prepararsi.

Poco prima di andarsene, chiamò gli angeli custodi del “Piano Vicenza” e, con loro, raggiunse il primo distretto: voleva pianificare le mosse successive, definendo l’elenco delle persone da sentire.

Ormai l’inchiesta aveva preso una piega difficile: per proseguire con qualche speranza di giungere a una ragionevole ricostruzione di quanto accaduto a Giusto Giarmana occorreva interrogare un notevole numero di persone dell’ambiente familiare e d’amicizie e del luogo di lavoro. Era evidente che lui, nel suo lavoro, s’era trovato al centro di un giro di interessi dalle dimensioni difficilmente immaginabili: oltre dieci miliardi di dollari di opere, tre stati con le loro principali banche ed enti pubblici, una grande società internazionale, concessionaria dell’opera, e una grande società italiana subconcessionaria e decine di imprese di costruzione, italiane e straniere, loro consorzi, subappaltatori e cottimisti.

Come aveva letto quella mattina su la Repubblica, nel mondo impazzito, gli interessi legali sembravano intrecciarsi con quelli dell’illegalità, non più solo nelle regioni ad alta intensità criminale, ma in tutto il territorio nazionale e in quello estero. Gli venne in mente il giorno in cui un collega ungherese l’aveva invitato a pranzo, per delicatezza, in un ristorante italiano di Győr. E la pessima impressione che gli aveva dato il padrone, un siciliano che parlava con il suo marcato accento anche l’ungherese. Il tipo era vestito in gessato e dava l’idea di essere uscito dal film Il padrino. Così lui aveva detto di avere mal di stomaco e aveva saltato il pranzo con gli altri, per rifugiarsi poi, da solo e affamato, in una panetteria.

Era stupefacente che le “onorate società”, oltre ad avere messo piede nelle più importanti città italiane ed europee, comprese Roma, Parigi e Berlino, si fossero espanse nell’Est europeo, tra gente impreparata a contrastarle.



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